lunedì 22 agosto 2011

Pittini cu li fjùri ti cucuzza

Vi è mai capitato di cercare di rubare una ricetta mentre siete invitati?

Maria ci ha fatto queste delizie ma non sono sicuro se ha fatto proprio così...

Ingredienti per 4 porzioni
20 fiori di zucca
farina
acqua
sale
olio


Preparazione

Prima di cucinarli bisogna aprire i fiori di zucca delicatamente con le mani, tagliare gli stimmi con le forbici, passarli sotto l’acqua velocemente e tamponarli con carta assorbente.
Mescolare farina, acqua con un po di sale fino ad ottenere una pastella simile ad uno yogurt.
Immergervi i fiori di zucca uno alla volta e friggerli per qualche minuto in olio molto caldo da entrambe le parti.

Variante: aggiungere alla pastella un uovo oppure del formaggio pecorino funzionerebbe?? Si ma perderebbero in leggerezza...

(per chi non sa il calabrese sono le frittelle ai fiori di zucca)

PS:
soggetta a modifiche se scopro altri dettagli...


giovedì 18 agosto 2011

Gelato al cioccolato

Il gelato al cioccolato viene preparato con tuorli, latte, panna e cacao. Al composto viene aggiunto del glucosio che lo renderà più morbido anche dopo il passaggio nel congelatore e che permetterà una più lunga conservazione.

Ingredienti per circa 1 kg di gelato:
• Cacao in polvere 50 gr
• Farina di carrube 5 gr (facoltativa)
• Glucosio 15 gr
• Latte 500 ml
• Panna 150 ml
• Uova tuorli 120 gr (circa 6 tuorli)
• Zucchero 160 gr

Preparazione:
Per preparare il gelato al cioccolato iniziate mischiando in una ciotola lo zucchero con la farina di carrube,
unite quindi i tuorli e con uno sbattitore elettrico batteteli fino a farli diventare chiari.

Ponete in un pentolino il latte, la panna e il glucosio e scaldate, versate sui tuorli e mescolate con una frusta fino a che tutti gli ingredienti non si saranno ben amalgamati.
Riportate quindi sul fuoco e cuocete, sempre mescolando, fino a raggiungere la temperatura di 85°C (verificate la temperatura con un termometro), non portate a bollore, altrimenti i tuorli formeranno dei grumi.

Togliete dal fuoco e incorporate il cacao in polvere, mescolando bene per amalgamarlo con gli altri ingredienti.
Fate raffreddare il composto immediatamente ponendo la ciotola che lo contiene in un contenitore più grande contenente del ghiaccio .
Ponete quindi in frigorifero per almeno 2 ore.

Trascorso questo tempo versate il composto il una gelatiera e fate raffreddare seguendo le indicazioni del manuale di istruzioni della vostra gelatiera.

Gustate il gelato al cioccolato dopo averlo posto in congelatore per almeno 3 ore!

Ricetta proposta dall'App di giallozafferano.it sull'Iphone :-)

sabato 13 agosto 2011

Carne frollata

Spesso quando compro carne in Italia va a finire con una grande delusione in cucina e per finire a tavola. Pezzi pregiati poco gustosi che rilasciano acqua e di conseguenza poco teneri ti lasciano un po di frustrazione. Non ho mai capito chiaramente il motivo della differenza tra la Svizzera e l'Italia, anche se qualche dubbio sulla frollatura l'ho sempre avuto.
Frollatura ca. 3 settimane a 4°C

In generale subito dopo la macellazione la carne non è ancora adatta per il consumo, ma deve essere frollata. Questo periodo, circa 3 settimane viene detto in termine tecnico maturazione. Durante la frollatura avviene un cambiamento naturale della struttura proteica della carne, che diviene più tenera, più digeribile e sviluppa l’aroma tipico della specie.


Ho trovato questo articolo di Roberto La Pira molto interessante che conferma ciò che pensavo...

La carne di manzo frollata è tenera come quella di vitello, ma serve troppo tempo e i costi salgono
La carne di manzo o di vitellone tenuta in frigorifero per almeno una decina di giorni può diventare tenera come quella di vitello. Questa  procedura seguita da tutti i macellai sino a 40-50 anni fa, adesso è un metodo di lavorazione superato e in via di estinzione.
La tempistica moderna prevede procedure standardizzate per cui la carne degli animali macellati viene disossata e posta in vendita senza il periodo di frollatura necessario per ottimizzare le caratteristiche sensoriali. In questo modo migliora la conservabilità della carne ma sono penalizzati elementi importanti come tenerezza l'aroma. Il paradosso è che per ottimizzare gli aspetti economici dell’industria di trasformazione/commercializzazione, si compromette drammaticamente la tenerezza, ovvero il requisito più interessante per i consumatori.
Per capire meglio occorre spiegare quali sono i fattori che  determinano la tenerezza della carne. Il più importante è l’età dell’animale (la carne di vitello è più tenera rispetto al manzo o al vitellone), poi ci sono altri elementi come la specie bovina, il tipo di alimentazione e di allevamento, la quantità di tessuto connettivo  (collagene) la quantità di grasso e infine l’acqua presente nelle fibre. L'altro fattore che gioca un ruolo decisivo e il cambiamento che avviene dopo la macellazione quando i gli enzimi cominciano a scindere le proteine e a frammentare le fibre. Alla fine di questo processo diminuisce la resistenza al taglio e la carne si trasforma in "muscolo" pronto per essere cucinato. Si tratta di una trasformazione complessa monitorato in  in laboratorio attraverso test specifici in grado di misurare  parametri come la resistenza al taglio, la sofficità, la facilità di frammentazione, la farinosità, l’adesione, la dimensione delle fibre…..
Per intenerire la carne e trasformarla in muscolo pronto da cucinare  però occorre molto tempo, perché l’azione degli enzimi inizia dopo 2 giorni e si conclude dopo 9-12 giorni. In altre parole il vitellone macellato e diviso in mezzene o in quarti, viene tenuto in cella frigorifero a +4° C  per tutto il tempo a frollare. «Uno  studio condotto nel 2005 su 5000 animali – precisa Carlo Angelo  Sgoifo Rossi della Facoltà di medicina veterinaria dell’Università di Milano in un articolo pubblicato sulla rivista Industrie Alimentari  del marzo 2011 – evidenzia  bene come cambia la tenerezza della carne durante la frollatura. La mezzena di un vitellone di 16-24 mesi tenuta in cella frigorifero per 6-9 giorni, risulta tenera come la carne di vitello non adeguatamente  frollata.  L'animale  di 2 anni  raggiunge lo stesso grado di tenerezza del vitello dopo 14 giorni di cella. Per evitare dubbi i ricercatori hanno condotto con un panel di consumatori una prova di assaggio da cui è emerso che la tenerezza della carne frollata risulta simile a quella degli animali più giovani non adeguatamente frollati.
Ma se è tutto così semplice perché i supermercati non adottano questo sistema? La scelta di non frollare la carne è legata ad aspetti economici. Quando la carcassa del bovino resta appesa in cella frigorifero la carne gocciola e perde dal 5 al 10% del peso con un evidente aggravio dei costi. L’altro elemento da considerare è il cambiamento di colore. La carne in frigorifero asciugandosi  assume all'esterno un colore più intenso, che non piace ai consumatori (soprattutto quelli del nord-Italia abituati a comprare tagli di colore rosa chiaro o rosso acceso). Occorre quindi asportare un leggero strato di carne perchè sotto il  colore è ancora vivace. Si tratta di un'ulteriore perdita che grava sui costi del macellaio costretto a rifilare alcune parti per il colore troppo intenso e quelle che sono diventate troppo asciutte. Bisogna poi considerare la scarsa disponibilità di spazio nelle celle frigorifero di alcuni punti vendita, i costi energetici e l'immobilizzo del capitale  per 7-10 giorni.
Tutti questi elementi gravano in modo eccessivo sul prezzo e alla fine si preferisce vendere carne fresca ma poco tenera,  indirizzando i clienti più esigenti verso i tagli del vitello più belli da vedere ma anche più costosi e meno saporiti. Oggi la frollatura viene fatta solo da alcuni macellai nelle celle frigorifero del punto vendita, e in pochissimi macelli industriali ma solo per partite destinate a clienti particolarmente esigenti.

martedì 9 agosto 2011

‘Nduja calabrese

Uno dei salumi più buoni che ho potuto trovare in Calabria è stata la ‘Nduja calabrese.
Ma cos’è la ‘nduja? E’ uno dei più famosi prodotti alimentari tipici calabresi. E’ un insaccato davvero gustoso, forte e piccante, una specie di salame morbido che, una volta era un alimento povero e veniva fatto con le parti meno nobili del maiale (frattaglie, grasso..ecc..), oggi invece vengono destinate alla ‘nduja le parti migliori del maiale e un po’ di grasso che vengono impastate col sale e con una buona quantità di peperoncino calabrese, fatte affumicare in un primo momento e poi stagionate per qualche mese . La sua consistenza morbida, rimane tale anche dopo la stagionatura.
Nella ‘nduja il peperoncino è l’ingrediente fondamentale, che conferisce all’insaccato il suo gusto deciso e il tipico colore rosso. Viene usato non solo quello di qualità ma anche in quantità, conferendo un gusto inconfondibile che si distingue da qualsiasi altro salume.
Se amate la cucina piccante dovete assolutamente provare la pasta con il sugo alla ‘nduja.

Ricetta semplice da realizzare che renderà la vostra pasta decisamente appetitosa.

Ingredienti:
‘nduja (a piacere),
passata di pomodoro o pelati (circa 400 gr. per 4 persone),
1 cipolla rossa di Tropea,
400 gr. di spaghetti n° 5 (o altra pasta a piacere),
olio extravergine d’oliva,
prezzemolo.

Procedimento:
Iniziate prendendo una padella piuttosto capiente (perchè dopo dovrà contenere anche la pasta), nella quale metterete a scaldare dell’olio.
Aggiungete la cipolla e cuocetela a fuoco lento fino a farla imbiondire leggermente.
A questo punto potete mettere in padella la ‘nduja, la quantità che metterete è lasciata alla vostra discrezione, poichè più ne userai più il vostro sugo risulterà piccante.
Lasciate rosolare la nduja per circa due minuti, dopo di che prendete la passata di pomodoro (o i pelati) e unitela agli altri ingredienti nella padella.
Lasciate cuocere il tutto per circa 7-10 minuti affinchè il pomodoro si ritiri un pò e si insaporisca.
A questo punto il vostro sugo è pronto! Nel frattempo, durante la semplice lavorazione del sugo, avrete cotto la pasta.
Vi consiglio di scegliere penne o spaghetti di ottima qualità, meglio se la pasta è un po’ ruvida, perchè questo tipo di pasta trattiene meglio il sugo e ben si sposa con il sapore dell’insaccato.

Toglietela molto al dente e fatela saltare nella padella con il sugo per qualche minuto, in modo che si insaporisca bene.
Prima di servire spolverate la pasta con del prezzemolo tritato fresco e ( a piacere) del parmigiano.

La ‘nduja è anche ottima servita su dei crostini di pane caldi appena dorati o su tutto quello che la vostra fantasia vi suggerisce.

Vecchio Amaro del Capo

Il Vecchio Amaro del Capo è il frutto sapiente di un'antica ricetta che racchiude in se i principi di tante benefiche erbe, fiori e frutti della meravigliosa terra di Calabria.

Il suo gusto gentile ed aromatico e il suo colore caldo e ambrato sono da sempre un'espressione sincera di genuinità; si può servire liscio, nei Cocktails, sul gelato, nel caffè o come vuole la tradizione calabrese si può gustare ghiacciato (-20°C). 70cl

lunedì 8 agosto 2011

Pipi frijuti chi patati

Dall'ultimo viaggio in Calabria sono subito balzate all'occhio e "alla gola" delle ricette tradizionali, semplici, ma di grande effetto.

Un esempio:
Pipi frijuti chi patati (peperoni fritti con patate)

Ingredienti (4 persone):
8 peperoni calabresi (non i peperoncini e non quelli gialli o verdi giganti ma quelli “medi” si trovano rossi o verdi anche in supermercati da noi)
4 patate pasta gialla di media grandezza
2 spicchi d'aglio
2 peperoncini piccanti (per i più temerari o Calabresi DOC)
olio extravergine di oliva
sale


Preparazione:
Tagliare i peperoni in quattro per la lunghezza e rimuovere i semi da 3 dei 4 spicchi.
Tagliare le patate a strisce di 1,5 cm e mettere tutto insieme in una padella antiaderente.
Aggiungere due cucchiai di olio e gli spicchi di aglio interi.
Cuocere a fuoco medio per circa 15 minuti girando abbastanza di continuo.

Importante è che le patate siano più piccole dei peperoni altrimenti non si cuociono abbastanza.
La magia del piatto sta nel fatto che le patate assorbono il gusto del peperone e i peperoni si friggono lentamente diventanto dolci e piccanti allo stesso tempo. L’aglio si sente appena.
La piccantezza rimane una sorpresa finale in quanto dipende da che peperoni avete usato, in genere più semi lasciate e più piccante viene la ricetta.

L'amico Vittorio dice:  "...però si mitti du fungi vena migghio ancora!"


Servire come contorno a carne arrosto o alla griglia con un Cirò in abbinamento.